Donna muore a Otranto per mancanza di defibrillatore; l’incidente solleva domande serie sull’accessibilità di attrezzature vitali.
Durante una serata estiva, quella di San Lorenzo, una donna di 56 anni, originaria della Romania, ha improvvisamente perso conoscenza e ha subito un arresto cardiaco nel mercato coperto di Otranto, il suo luogo di lavoro. Le grida di aiuto e i tentativi disperati di rianimazione non sono riusciti a salvarla.
La donna ha accusato il malore tra le 22 e 22.30. Un medico sul posto ha tentato di praticare il massaggio cardiaco, ma la situazione richiedeva un defibrillatore. Inizia una corsa contro il tempo alla ricerca di quell’aiuto vitale.
L’ambulanza del 118 era impegnata con un altro caso urgente, e la situazione del traffico ha reso difficoltoso raggiungere il centro di Otranto.
I carabinieri sono stati attivati per cercare un defibrillatore nelle vicinanze, ma senza successo. I presidi di salute locali, come una farmacia e una guardia medica, non avevano lo strumento. Anche la sede municipale, che aveva un defibrillatore, era chiusa e non accessibile fuori dagli orari di ufficio.
I minuti sono trascorsi, e ogni secondo sarebbe stato prezioso per salvare quella vita. Nonostante gli sforzi per recuperare lo strumento, non si è fatto in tempo. I sanitari sono arrivati sul posto dopo sedici minuti dalla richiesta di intervento, ma ogni tentativo di rianimazione è risultato vano. Il finale è stato tragico e doloroso.
Da circa due anni, l’Italia ha una legge sul primo soccorso, che disciplina l’utilizzo dei defibrillatori in ambito extraospedaliero. Per legge, lo strumento è obbligatorio in molti luoghi pubblici e privati.
Ciò che scuote nel racconto di questo ennesimo decesso è l’apparente negligenza e la mancanza di uno strumento così vitale in una città turistica come Otranto. I progetti Pad (Public access defibrillation), che aiutano a censire e mappare i defibrillatori, sono fondamentali nei luoghi con alta presenza di persone.
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