Giovedì 13 luglio, un asteroide chiamato “2023 NT1” è transitato vicino alla Terra, passando a una distanza di circa 100.000 chilometri dal nostro pianeta, equivalente a un quarto della distanza tra la Terra e la Luna. Nonostante la sua prossimità, nessuno strumento è riuscito a rilevare il passaggio dell’asteroide. Poiché proveniva dalla direzione del Sole, non era visibile fino a quando non è stato avvistato dall’osservatorio Atlas in Sudafrica, due giorni dopo il passaggio, quando l’impatto era già stato escluso e l’asteroide si stava allontanando dalla Terra.
La minaccia di un impatto catastrofico
Con un diametro di circa sessanta metri, un asteroide delle dimensioni di 2023 NT1 avrebbe causato danni catastrofici in caso di collisione con il nostro pianeta. Si stima che il cratere generato dall’impatto avrebbe superato il chilometro di diametro, simile al Meteor Crater in Arizona, creato dall’impatto di un meteorite 50.000 anni fa. Si calcola che la potenza distruttiva di 2023 NT1 sarebbe stata equivalente a quella generata da 600 bombe atomiche. A titolo di confronto, il meteorite di Chelyabinsk, che esplose nell’atmosfera sopra la Russia nel 2013, aveva un terzo del diametro di 2023 NT1 e causò danni devastanti, ferendo centinaia di persone e frantumando vetri e muri.
Potenziare le osservazioni per proteggere la Terra
L’incapacità di rilevare il passaggio di questo asteroide rappresenta un grave problema. 2023 NT1 ha fornito una lezione all’umanità, evidenziando l’importanza di potenziare i sistemi di difesa planetaria. È fondamentale intensificare le osservazioni come primo passo per proteggere la Terra dagli asteroidi. Secondo l’Agenzia spaziale europea (ESA), il 98,9% dei blocchi di roccia “vicini” al nostro pianeta, che hanno un diametro compreso tra i 30 e i 100 metri, non è rilevabile dai nostri attuali sistemi di monitoraggio. In particolare, gli asteroidi provenienti dalla direzione del Sole sfuggono alle rilevazioni, creando una sorta di “angolo cieco astronomico”. La previsione di una minaccia imminente consentirebbe di organizzare evacuazioni mirate. Pertanto, gli scienziati stanno lavorando su satelliti da posizionare tra il Sole e la Terra, in modo da poter osservare anche i corpi celesti provenienti dall’interno del sistema solare. La missione Neomir dell’ESA, prevista per il 2030, prevede di posizionare un satellite tra la Terra e il Sole per fungere da allarme all’arrivo di corpi celesti. Anche la missione Near-Earth Object Surveyor, lanciata dalla NASA, si impegnerà per raggiungere lo stesso obiettivo.
Deviare l’orbita: una soluzione per la difesa planetaria
Oltre alle osservazioni, per difendere il nostro pianeta, è essenziale sviluppare sistemi in grado di deviare la traiettoria di corpi celesti pericolosi. Un esempio di successo è rappresentato dalla sonda DART della NASA, che nel settembre 2022 ha colpito l’asteroide innocuo chiamato Dimorphos, riuscendo a modificare la sua orbita. Nel 2024, partirà la missione Hera dell’ESA, che avrà l’obiettivo di studiare da vicino gli effetti di una collisione e sviluppare tecnologie per la difesa planetaria.
La vicinanza ravvicinata di 2023 NT1 alla Terra ha sottolineato la necessità di prestare maggiore attenzione e dedicare risorse alla difesa planetaria. Speriamo che questa lezione venga colta e che gli sforzi per proteggere il nostro pianeta da potenziali minacce asteroidali vengano potenziati in modo significativo.