Nanni Moretti: dieci capitoli per scoprire il maestro del cinema italiano
Nanni Moretti, uno dei cineasti italiani più influenti e amati, si è raccontato al Teatro Petruzzelli di Bari durante la sezione “incontri di cinema” del Bif&st, il Festival del Cinema di Bari. L’occasione è stata la proiezione del suo film cult “Ecce Bombo”, uscito nel 1978, una pellicola che ha segnato un’epoca e ha contribuito a definire il panorama del cinema italiano degli anni ’70. Durante l’incontro, Moretti ha deciso di non affrontare temi di attualità o di politica, ma di concentrarsi sulla sua carriera attraverso una narrazione in dieci capitoli, un vero e proprio “Ecce Nanni” della sua vita artistica.
Il regista si è presentato sul palco con un atteggiamento rilassato, di fronte a un pubblico entusiasta e gremito. Ha subito chiarito le sue intenzioni: “Voglio raccontare in dieci voci la mia storia di regista, facendo riferimento a ciò che era all’inizio e a ciò che poi è diventato”. Un viaggio autobiografico che ha permesso al pubblico di scoprire non solo il suo percorso cinematografico, ma anche la sua evoluzione personale. Al termine dell’incontro, il direttore del festival, Oscar Iarussi, ha consegnato a Moretti il premio “Bif&st arte del cinema”, un riconoscimento importante che testimonia il suo contributo al mondo del cinema.
Moretti ha iniziato il suo racconto parlando dei suoi esordi nel mondo del cinema, risalenti agli anni ’70, periodo in cui il Super 8 era il mezzo principale per girare film. “Oggi è più facile fare cinema”, ha osservato, “con il Super 8 giravi senza negativi, era come una Polaroid. Far vedere le cose che facevi era difficile”. Ricordando il suo primo tentativo di farsi conoscere, ha narrato un episodio del 1973, quando portò i suoi cortometraggi alle Giornate degli Autori a Venezia. “Dopo averli mostrati, dissi che ero disponibile a ricevere domande, ma non si presentò nessuno. Da quel trauma è nata la frase di ‘Io sono un autarchico’: ‘No, il dibattito no’”. Questo aneddoto riflette il suo approccio ironico e autoironico, elementi che caratterizzano gran parte della sua filmografia.
Nel capitolo dedicato alla regia, Moretti ha messo in evidenza l’importanza del lavoro di spettatore. “Il mio lavoro di spettatore mi ha influenzato”, ha affermato. “Ho sempre voluto fare i film che mi piacevano”. Ha citato i Taviani, noti per la loro macchina da presa fissa, e Carmelo Bene, un regista lontano dal loro stile, per sottolineare la sua apertura verso diverse influenze artistiche. Questo mix di riferimenti ha contribuito a formare il suo stile unico, che combina dramma e commedia, spesso in un contesto di introspezione.
Un altro aspetto che Moretti ha voluto chiarire riguarda la scrittura. “Inizialmente scrivevo da solo e mi veniva facile”, ha detto, “oggi non mi va più di fare da solo la sceneggiatura. Ho scoperto l’avventura umana che è scrivere un film con altre persone”. Questa evoluzione nella sua scrittura è evidente nei suoi film post-‘La stanza del figlio’, in cui ha collaborato con altri sceneggiatori, arricchendo le sue storie di nuove prospettive e voci.
Moretti ha anche affrontato la questione dell’identificazione tra i suoi personaggi e le sue opinioni personali. “Molto spesso le persone tendono a identificare quello che dicono i miei personaggi con quello che penso davvero io”. Un esempio che ha citato è la celebre frase “Io sono il più grande” pronunciata in “Caro Diario”, in cui si limita a citare Muhammad Ali, evidenziando come il suo lavoro non debba essere interpretato alla lettera.
Durante l’incontro, il regista ha condiviso anche aneddoti divertenti e riflessioni più profonde, creando un’atmosfera di intimità con il pubblico. Ha parlato della sua passione per il cinema come forma di espressione e del suo desiderio di esplorare la complessità delle relazioni umane attraverso le sue opere. Moretti ha sempre avuto una predilezione per il racconto di storie che parlano di vulnerabilità, introspezione e crescita personale, temi che risuonano con il pubblico e che hanno determinato il suo successo.
La sua carriera è stata caratterizzata da un continuo dialogo tra il regista e il suo pubblico, un elemento che ha reso i suoi film non solo delle opere da vedere, ma delle esperienze da vivere. Con una filmografia che spazia da “Sorelle” a “La stanza del figlio”, passando per “Caro Diario” e “Habemus Papam”, Moretti ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani con uno sguardo critico ma sempre affettuoso, unendo il comico al tragico in un equilibrio perfetto.
Il suo stile, riconosciuto e apprezzato a livello internazionale, ha influenzato generazioni di cineasti e continua a ispirare nuovi talenti. La sua capacità di intrecciare la vita personale con la narrazione cinematografica ha reso i suoi film universali, capaci di parlare a diverse generazioni e culture. In questo incontro al Bif&st, Nanni Moretti ha dimostrato ancora una volta perché è considerato uno dei pilastri del cinema italiano contemporaneo.
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