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Rider 31enne travolto da un’auto durante una consegna, muore mentre nasce il suo secondo figlio

Tragedia per un rider pakistano residente a Padova, coinvolto in un incidente stradale durante una consegna. Lo stesso giorno, la moglie ha dato alla luce il loro secondo figlio.

Lo schianto e la morte di Alì Jamat

Un tragico incidente è avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 settembre a Limena, lungo via del Santo. Alì Jamat, 31 anni, rider di origini pakistane che risiedeva a Padova, è stato investito mentre stava completando una delle ultime consegne della serata.

Alla guida dell’auto che l’ha colpito, un’Alfa Stelvio, c’era una ragazza di 24 anni. Il violento impatto ha fatto cadere il rider sull’asfalto, causandogli un trauma cranico molto grave. Trasportato d’urgenza dai sanitari del Suem 118 in ospedale e poi trasferito nel reparto di Terapia Intensiva a Padova, Jamat è spirato dopo tre giorni di sofferenze.

Le indagini e le accuse per omicidio stradale

Gli inquirenti hanno immediatamente aperto un’indagine sull’incidente, registrando la giovane conducente dell’Alfa Stelvio nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio stradale.

Dai primi accertamenti è emerso che sia il rider sia la 24enne stavano viaggiando nella stessa direzione al momento dell’incidente.

L’alcoltest effettuato sulla conducente è risultato negativo, escludendo l’assunzione di alcol come possibile causa del sinistro. Nessun altro veicolo è stato coinvolto nell’impatto, ma l’incidente ha sollevato nuovamente il tema della sicurezza stradale e delle condizioni di lavoro dei rider.

La nascita del figlio e il cordoglio del sindaco

Nel giorno stesso in cui Alì Jamat ha perso la vita, la moglie ha dato alla luce il loro secondo figlio, che si unisce a una bambina di 6 anni.

Il sindaco di Padova, Sergio Giordani, ha espresso vicinanza alla famiglia e alla comunità pakistana, sottolineando la necessità di maggiori tutele per i lavoratori: “Una tragedia che ci rende ancora più evidente quanto sia necessario impegnarsi per le tutele e i diritti sul luogo di lavoro, mettendo al primo posto la sicurezza. Basta morti sul lavoro”.

La salma di Jamat è stata successivamente trasportata in Pakistan per la sepoltura nella sua città di origine, situata ai confini con l’India.