Una madre di Bari denuncia gravi carenze presso il reparto di Pediatria ospedaliera del Giovanni XXIII, lamentando l’assenza di risposte sulla salute del figlio e le difficoltà nel ricevere assistenza.
Al Giovanni XXIII di Bari, una madre esasperata racconta il calvario che sta vivendo da oltre un mese con il figlio, gravemente malato ma ancora senza una diagnosi. “È da un mese che non dormo e vivo nel terrore di lasciare mio figlio da solo” afferma la donna, che si è vista costretta a intervenire da sola durante una crisi respiratoria del bambino. Il problema principale segnalato dalla madre riguarda l’assenza di strumenti di emergenza come i cicalini di allerta all’interno delle stanze del reparto di Pediatria ospedaliera: “Non ci sono cicalini per chiedere aiuto, e mi hanno risposto che non è prevista la loro installazione”.
La donna ha descritto scene di disperazione, con le madri costrette a correre lungo i corridoi per cercare aiuto, mentre i loro bambini, fragili e malati, rischiano cadute dai letti per la mancanza di sponde sicure. “Tutti dovrebbero passare del tempo ricoverati qui per capire come è la situazione. Servizi zero.”
La situazione raccontata dalla madre non è isolata. Altre madri ricoverate nel medesimo reparto condividono le stesse difficoltà. “Se alzi troppo la voce chiamano la vigilanza, ma se rimani educata non ottieni nulla”, racconta una madre che ha dovuto insistere a lungo per ottenere un saturimetro, essenziale per monitorare i livelli di ossigeno nel sangue della figlia.
Una madre spiega come sia difficile ottenere anche le cure di base. “Non abbiamo assistenza, le visite ai bambini sono ridotte al minimo e spesso tocca a noi monitorarli per tutta la notte.” Alcuni genitori hanno segnalato che le condizioni igieniche sono altrettanto precarie: “Vengono solo due volte al giorno a far scorrere l’acqua nei bagni per prevenire la legionella, ci dicono.”
La madre del piccolo malato ha spiegato di essersi rivolta all’Ospedale Gaslini, ma la mancanza di una diagnosi precisa ha impedito il trasferimento. “Siamo in un limbo, non ho una diagnosi per mio figlio e non posso spostarlo senza certezze.” Nonostante numerosi esami sierologici, il quadro clinico del bambino resta indefinito e i tempi di attesa per i referti si allungano, senza che nessuna certezza emerga.
“Qui non riescono a dirmi nulla. Non voglio prendermi la responsabilità di portarlo via senza sapere cosa abbia.” La situazione lascia le famiglie in una posizione di impotenza e sconforto, senza risposte né soluzioni chiare.
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