Il generale Roberto Vannacci, recentemente nominato Capo di Stato Maggiore delle forze operative terrestri, ha suscitato polemiche con le sue dichiarazioni sull’omicidio di Giulia Cecchettin, rifiutando la definizione di femminicidio e criticando la percezione comune del patriarcato.
In un’intervista rilasciata a La Stampa, il generale Roberto Vannacci ha espresso un’opinione controversa riguardo il caso di Giulia Cecchettin e l’uso del termine femminicidio.
«Non chiamateli femminicidi», ha dichiarato Vannacci, mettendo in discussione la denominazione di questi crimini.
Ha proseguito: «Non mi piace chiamarlo femminicidio. Perché chiamare l’omicidio di una donna in modo diverso?
Quindi l’assassinio di un tabacchino lo chiameremo commercianticidio?
C’è in qualsiasi omicidio una matrice precisa». Queste parole hanno sollevato una serie di dibattiti sulla sua visione del problema.
Vannacci ha messo in dubbio l’idea stessa del patriarcato come causa dei femminicidi. «Si parla da anni di femminicidi, eppure le donne continuano a venire uccise», ha osservato, aggiungendo:
«Mi sembra più importante evidenziare che siamo tutti uguali davanti alla violenza». Questo punto di vista sfida la narrativa comune sulla violenza di genere, suggerendo che la causa dei femminicidi non sia da attribuire alla cultura patriarcale.
Il generale Vannacci ha poi esposto la sua teoria sulla vera causa della violenza maschile contro le donne.
Ha affermato: «Il paradosso è pensare che la responsabilità di quella che chiamiamo cultura patriarcale sia di uomini forti e prevaricatori: è il contrario. Sono gli uomini deboli a fare del male alle donne».
Ha poi aggiunto: «Noi educhiamo uomini deboli, non uomini forti. Quelli che ammazzano le donne sono uomini che non sanno stare da soli, che sono dipendenti da loro e che, quando temono di venire abbandonati, perdono la testa.
Altro che maschi patriarcali: sono mollaccioni smidollati che abbiamo prodotto noi. Abolendo le punizioni. Se un ragazzo non studia, lo mandi a lavorare invece di fare ricorso al Tar contro i professori che gli mettono 4».
Nell’ulteriore sviluppo della sua argomentazione, Vannacci ha suggerito che la dipendenza emotiva e sociale, piuttosto che il desiderio di possesso, sia alla radice della violenza.
Ha affermato: «Uomini e donne si ammazzano perché perdono il lavoro; ragazze e ragazzi si suicidano perché vengono bocciati. Il punto non è che i maschi vogliono possedere una donna: è che dipendono da lei.
Se perdi una compagna, non ne cerchi un’altra ma ti ammazzi. Se perdi un lavoro, non t’industri per cercarne uno: aspetti il reddito di cittadinanza». Alla domanda se scenderebbe in piazza contro la violenza sulle donne, ha risposto: «No, ma possono andarci da sole, se vogliono».
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