Nicola Turetta, affrontando la tragedia del figlio Filippo, accusato di omicidio, condivide i suoi pensieri in un’intervista, esprimendo sconcerto e cercando comprensione.
La struggente incomprensione di un padre
Nicola Turetta si trova di fronte all’inconcepibile: suo figlio, Filippo, ha commesso un terribile omicidio. Questa realtà lo ha spinto a riflettere profondamente sulla natura del figlio e sulle circostanze che hanno portato a questo tragico evento. In un’intervista a “Chi l’ha visto?”,
Nicola ha cercato di dare un senso a ciò che sembra inspiegabile. “Non so ancora darmi una spiegazione”, afferma con dolore. Nicola descrive Filippo come “un ragazzo perfetto, o comunque un bravo figlio”, sottolineando la sua incapacità di comprendere le azioni del figlio.
Riflessioni su una generazione fragile
Nel suo tentativo di trovare risposte, Nicola parla delle fragilità percepite nella generazione di suo figlio. “Filippo è un ragazzo, ma è anche un bimbo, io non lo so, sono fragili.
Anche io avevo le mie crisi ma questi ragazzi mi sembra che appena gli togli qualcosa crollano oppure fanno questi atti così violenti”. Queste parole riflettono la sua lotta interiore nel cercare di capire le motivazioni di Filippo e la fragilità della giovinezza odierna.
Nicola continua: “Io fino all’ultimo ho pensato che volesse sequestrarla, rapirla per non darle la soddisfazione di laurearsi e dopo lasciarla. Purtroppo, le cose sono peggiorate, forse voleva farle paura con il coltello, costringerla a salire in macchina, poi la cosa è precipitata e a lui è saltato l’embolo”.
Un rapporto misconosciuto e parole difficili da accettare
Nicola esplora anche il rapporto tra Filippo e la vittima, Giulia, che molti hanno definito tossico. Tuttavia, lui non aveva notato nulla di allarmante. “Però la possessività con cui è stato descritto, non so forse, giustamente la sorella della Giulia…
Perché io i messaggi non li ho visti. So che Giulia andava fuori con lui tranquillamente, fino a quel sabato so che non le ha toccato neanche un capello”. Queste parole evidenziano la sua difficoltà nel riconoscere i segni premonitori di una tragedia imminente.
Infine, Nicola si confronta con le dure etichette date a suo figlio: “Vedere uno psicologo che lo definisce mostro… Io magari capisco, ma mio figlio a 18 anni vedersi il fratello definito… è dura”. Conclude riflettendo sulla necessità di una comprensione più profonda di questi drammi,
“Ci sono degli aspetti di questa tragedia che vanno visti in una chiave un po’ diversa, cioè non è uno che ha ucciso a mano armata, non so… qualsiasi altro omicidio. Ha ucciso il suo angelo praticamente, cioè quella a cui lui preparava i biscotti, quella che lui amava”.