Paolo Crepet, noto psichiatra e sociologo, riflette sull’omicidio di Giulia Cecchettin, sottolineando l’importanza di riconoscere i segnali premonitori e criticando l’attuale cultura di giustificazione.
Comprensione e diagnosi
Il rinomato psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha condiviso il suo punto di vista sul brutale omicidio di Giulia Cecchettin.
«Non conoscendo quel ragazzo, non mi avventuro in nessuna diagnosi» ha dichiarato Crepet, astenendosi dal fare congetture sulle condizioni mentali dell’assassino, Filippo Turetta. Ha poi escluso l’ipotesi del raptus come causa dell’omicidio: «Non credo che sia nato tutto quella sera, non è stato un raptus. I raptus sono nei fumetti».
La cultura della giustificazione e i social
Crepet ha criticato la tendenza dei genitori a giustificare sempre i comportamenti dei figli: «I ragazzi vanno male a scuola? Poverini. Prendono un’insufficienza? Colpa dei professori. Vengono bocciati? Ricorso al Tar.
Abbiamo creato dei ragazzi che non conoscono la frustrazione, che non sanno che esistono anche i no». Ha anche sottolineato l’impatto dei social sulla generazione Zeta, rivelando che la paura più grande per i giovani è il “ghosting”, una pratica di esclusione sociale virtuale.
L’importanza della complicità nelle relazioni
Tornando al caso specifico di Giulia Cecchettin, Crepet ha messo in dubbio la premeditazione nell’azione di Filippo, ma ha ribadito la sua convinzione che l’omicidio non sia stato un atto impulsivo.
Ha enfatizzato l’importanza di riconoscere i segnali premonitori nelle relazioni: «Bisogna cogliere i segnali.
Ma bisogna farsi aiutare». Crepet ha concluso sostenendo che il sostegno nella vita reale, e non virtuale, è cruciale: «Non ci si aiuta in chat, ci si aiuta andando a fare un passeggiata, stando assieme, parlando». Ha enfatizzato l’importanza della complicità nelle relazioni come mezzo di salvezza.