Capello: un allenatore di rigore e successo, maestro nel gestire le sfide e i talenti diversi. Ha condiviso esperienze e lezioni nella sua illustrerà carriera.
Il leggendario allenatore Fabio Capello è noto per i suoi metodi incisivi e diretti. La sua carriera, segnata da un approccio deciso e chiaro, ha reso difficile per alcuni giocatori meno disciplinati connettersi con lui. Capello, ex allenatore di club di calibro mondiale come il Milan e il Real Madrid, è un esempio vivente di leadership rigorosa e di successo.
“Senza il coraggio di affrontare le difficoltà non si raggiungono gli obiettivi. Tutte le scuse hanno le gambe corte. Gli alibi sono per i perdenti. Quelli che vincono ripartono dalle sconfitte, le analizzano. Quando facevo le riunioni dopo le partite perse prima sentivo cosa ne pensava il mio staff, poi ero io che decidevo come intervenire.”
Capello è anche conosciuto per la sua capacità di rovesciare campionati. Un esempio emblematico è la memorabile rimonta del 2006-2007 con il Real Madrid contro il Barcellona. In un match critico contro il Maiorca, la sua abilità di mantenere la calma e ispirare la squadra ha portato a una vittoria decisiva.
“Feci sedere tutti per terra, spostai Roberto Carlos che era davanti a me, e mi sedetti pure io accanto a loro. Dissi: “Abbiamo recuperato 9 punti al Barcellona e ora dobbiamo regalare un campionato?” Dovevo dargli tranquillità, se strillavo gli mettevo ancor più pressione. Sapete com’è finita? 3-1 per noi, campioni di Spagna.”
Non tutto è stato facile per Capello. Ha avuto episodi difficili con giocatori come Gullit e Cassano. Questi episodi sono parte del bagaglio che un allenatore di alto livello deve portare con sé, affrontando personalità complesse e situazioni delicate.
“Sono venuto alle mani con Gullit e Cassano”. Episodi che lo stesso Antonio ha sviscerato durante la trasmissione streaming di Twitch della BoboTv.
La gestione delle superstar come Ronaldo è un’altra faccenda. Capello ha affrontato la sfida di gestire un giocatore straordinario, ma con una vita fuori dal campo altrettanto grande. La disciplina e l’attenzione alla forma fisica erano centrali nella sua strategia.
“Gli piaceva fare festa e altri compagni lo seguivano. Van Nistelrooy mi disse che in spogliatoio c’era odore di alcol. Ronaldo pesava 94 chili, dieci in più rispetto a quando aveva vinto il Mondiale nel 2002. Gli dissi di mettersi a dieta, le provò tutte, ma arrivò a pesare 92 chili e mezzo.”
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